La sala detta delle lacche verdi è certo tra le più suggestive del palazzo. Prende il nome dal mobilio laccato in verde smeraldo con elementi decorativi in pastiglia dorata proveniente dal Palazzo Calbo Crotta a Cannaregio.
Nel corso dei secoli le fantasiose relazioni dei viaggiatori avevano divulgato in Europa una visione decisamente poco veritiera della Cina e più in generale dell’intero Oriente, vagheggiato come un paese immaginario e popolato da abitanti dagli inverosimili costumi. Nelle arti figurative l’attenzione per il meraviglioso Catai, si materializza già nel Seicento alla corte di Luigi XIV ma è nel secolo successivo che esplode una vera e propria moda che contagia tutti gli aspetti delle arti figurative. D’altronde molti sono gli elementi dell’arte dell’estremo oriente che coincidono con quelli dell’arte rococò: l’asimmetria, la leggerezza, l’assenza di chiaroscuro e di spazialità prospettica. Si fondono quindi motivi orientali ed europei dando luogo a uno stile autonomo e di gusto prettamente occidentale: la cineseria. Motivi decorativi desunti da prototipi orientali si applicano a forme e tipologie di casa nostra come in questi mobili dalle squisite e sinuose forme Luigi XV, rivestite però con scene narrative che propongono motivi esotici: pagode, ombrelli, salici e ciliegi popolati da figurine di orientali dipinte in oro, fluttuanti sulla campitura della lacca verde e inquadrati all’interno di motivi ornamentali rocaille.
Sono effettivamente di provenienza esotica le figure policrome cinesi, in terracotta dipinta, con teste mobili. Sul soffitto si trova il bel Trionfo di Diana di Antonio Guardi, proveniente da Palazzo Barbarigo Dabalà e databile al sesto decennio del Settecento. Diana, seduta su una nube e circondata da putti, regge una lancia nella destra, mentre due amorini ai suoi piedi giocano con un cane. Contrariamente al fratello minore Francesco, Antonio Guardi non si cimentò mai nel vedutismo, ma per tutta la sua non fortunata carriera fu un prolifico figurista. Nelle opere più mature, fra le quali si possono annoverare gli affreschi esposti in questa sala e nella successiva, egli si rivela come una delle più liriche voci del rococò veneziano, capace di trasformare le proprie composizioni in una vibrante trama di pennellate libere sfrangiate, che trasformano le figure in silhouette evanescenti dissolte nella luce.