Sono qui riuniti alcuni dei dipinti più importanti del museo, che esemplificano al meglio i vari generi pittorici dell’arte veneziana del Settecento:
la veduta, il paesaggio, il capriccio, la pittura di figura. La visita avviene in senso orario.
Francesco Guardi
Il convegno diplomatico
Il dipinto presenta un gruppo di personaggi che discutono e leggono alcuni documenti attorno a un tavolo dove sono disordinatamente disposti calamai e penne d’oca. Sarebbe difficile interpretare la scena se il nome dei protagonisti di questa riunione non fosse riportato nel primo quadro appeso alla parete della stanza a destra. Proprio questa circostanza ha permesso di identificare la scena con un fatto storico ben preciso, ossia il trattato commerciale stipulato all’Aja il 27 agosto 1753 fra il Regno di Napoli e l’Olanda. Il committente è probabilmente da identificarsi nel conte Giuseppe Paulon Finocchietti, rappresentante del sovrano borbonico, che subito dopo l’avvenimento giunse a Venezia dove commissionò il dipinto. Lo stesso personaggio è raffigurato due volte nella tela, vestito di rosso. Non sappiamo tuttavia come l’opera, evidentemente rimasta in città, sia poi giunta nella collezione di Teodoro Correr. Il dipinto in questione assieme alle altre opere di Francesco conservate a Ca’ Rezzonico quali il Ridotto, il Parlatorio delle Monache, l’Insegna dell’arte dei Coroneri costituisce il più importante gruppo di interni realizzato dal pittore.
Giambattista Piazzetta
La morte di Dario
La grande tela con La morte di Dario fu eseguita verso il 1746 da Giambattista Piazzetta per palazzo Pisani Moretta a San Polo, dove aveva come pendant un dipinto di Paolo Veronese raffigurante Alessandro e la famiglia di Dario, poi venduto dai proprietari alla National Gallery di Londra. La storia dell’eroe macedone ha trovato grande fortuna nell’arte rinascimentale e barocca. Le sue gesta, note soprattutto attraverso le Vite di Plutarco, erano considerate esempi di virtù da imitare. In questo celebre episodio si raffigura il momento in cui Alessandro, giunto davanti al corpo ormai senza vita di Dario, abbandonato senza decoro né dignità, volge inorridito lo sguardo da un’altra parte e ordina che sia coperto con il suo mantello. Il dipinto è una delle opere più importanti del grande maestro veneziano che esemplifica al meglio tutte le peculiarità del suo stile, così diverso da quello del coetaneo e rivale Tiepolo. L’intonazione è cupa e drammatica, sebbene oggi accentuata dalle alterazioni cromatiche dovute alla preparazione a bolo d’Armenia, che nei secoli ha assorbito e cancellato alcune tinte come i rosa e gli azzurri. Alla tecnica veloce, virtuosistica di Tiepolo, Piazzetta contrappone una meditata ricerca espressiva dei volti e dei gesti, cui associa un’impeccabile definizione del nudo anatomico, qui esemplificata dalla straordinaria immagine del corpo esanime del sovrano persiano.
Antonio Canal detto Canaletto
Il Canal Grande da Palazzo Balbi a Rialto | GUARDA L’OPERA IN GIGAPIXEL >
Rio dei Mendicanti
I due dipinti, capolavori giovanili di Canaletto, sono le uniche vedute del maestro che si possano ammirare nelle collezioni pubbliche di Venezia. Acquistati dal Comune di Venezia soltanto nel 1983, in origine facevano parte di una serie di quattro, proprietà dei Principi di Liechtenstein (gli altri due sono oggi al museo Thyssen-Bornemisza di Madrid).
Nel primo dipinto Canaletto esalta la peculiarità di Venezia intesa come ‘città d’acqua’ dilatando l’ampiezza del Canal Grande. La luce del sole irrompe da destra illuminando anche il più piccolo elemento della composizione e rendendolo distintamente percepibile. Entro la struttura prospettica Canaletto sedimenta uno stupefacente spessore di verità ottenuto attraverso uno straordinario uso della luce. Egli non nasconde i segni dell’operazione pittorica ma addirittura li esibisce in modo sfacciato: pennellate corpose, sfrangiate, che offrono allo spettatore un’interpretazione più ‘realistica’, concreta, della città. Al consueto repertorio vedutistico, incentrato attorno alla Piazza di San Marco, Canaletto aggiunge riprese inedite, dedicate tanto al Canal Grande quanto agli angoli meno noti di Venezia. È il caso del Rio dei Mendicanti dove l’artista raffigura una zona popolare, descritta in tutta la sua plebea bellezza.
Gaspare Diziani
La Sagra di Santa Marta
Il grande dipinto illustra la sagra, o veglia, di santa Marta, una festa popolare che si celebrava la sera precedente la ricorrenza della santa davanti alla chiesa a lei intitolata, posta all’estremità occidentale delle Zattere. Si tratta di un unicum all’interno della produzione di Gaspare Diziani, pittore figurista, autore dell’affresco sul soffitto della sala dei pastelli al primo piano del palazzo. Durante la sua carriera, egli ha collaborato con vedutisti minori come Michele Marieschi e Antonio Joli, eseguendo deliziose macchiette nelle loro vedute, ma in nessuna altra occasione ha dipinto in prima persona una vera e propria veduta, sebbene sui generis. Infatti, pur senza l’impiego della camera ottica e grazie alla sua esperienza di scenografo, egli realizza una suggestiva istantanea di vita veneziana. L’inquadratura abbraccia a cannocchiale l’ampio specchio della laguna, brulicante di imbarcazioni, delimitato dall’estrema punta della Giudecca e dalle colline della terraferma. Complice l’intonazione notturna e la gustosa descrizione dei personaggi, appartenenti ai più svariati ceti sociali, ripresi in un momento di gioia privata, Diziani ci offre una delle testimonianze più convincenti della sua pur prolifica attività facendoci rivivere l’atmosfera della Venezia settecentesca.