Come si è visto nel salone, la fornitura d’arredo – ‘fornimento’ in veneziano – scolpita da Andrea Brustolon per conto della famiglia Venier è considerata il massimo capolavoro dell’intaglio veneto del primo Settecento.
Il pezzo più celebre è certamente la console porta-vasi che raffigura, nella parte inferiore, Ercole vincitore dell’Idra di Lerna e di Cerbero, raffigurati ai suoi piedi. L’eroe sostiene sulle spalle il piano superiore, lavorato come un tronco d’albero grezzo. Su di esso sono raffigurati tre moretti in ebano incatenati che reggono un grande vaso; ai lati due vecchi barbuti distesi trattengono altri due vasi ciascuno. L’identico, eccezionale virtuosismo esecutivo appare anche nei moretti porta-vaso e nelle allegorie delle Quattro Stagioni e dei Quattro Elementi.
La straordinaria cura con cui furono eseguiti tali elementi d’arredo testimonia l’altissima considerazione e soprattutto il valore della serie di vasi orientali (cinesi e giapponesi) che
componeva la collezione di Pietro Venier, per i quali furono realizzati questi preziosissimi e singolari espositori. La decorazione del soffitto è costituita da undici tele di diversa forma e misura che originariamente, assieme alle cinque che ora si trovano nella sala precedente, provengono da palazzo Nani a Cannaregio e sono opera dello stesso Francesco Maffei.
In questo caso la decifrazione dei soggetti, assai eterogenei, è molto complessa e non del tutto attendibile. Al centro è collocato l’ovale con Giove cui fanno da corona, a partire dalla
figura ignuda con un mazzo di fiori (l’Odorato), in senso orario: Mercurio, Apollo, Saturno, il Tatto, Venere, Marte, Diana. Vicino le pareti, sui lati lunghi: l’Udito e Minerva come Divina Sapienza.
Di diversa mano invece sono i quattro tondi a monocromo collocati sugli angoli del soffitto che raffigurano i Quattro continenti: anch’essi provengono da un soffitto di palazzo Nani ma sono stati eseguiti oltre un secolo dopo da Francesco Polazzo.
Al centro della sala risplende lo stupendo lampadario in cristallo a venti fiamme su due ordini decorato con fiori in paste vitree dalle tinte vivaci, prodotto verso la metà del Settecento dal celebre vetraio muranese Giuseppe Briati, il più straordinario esempio del genere che ci sia giunto integro.