Il soffitto di questa sala presenta una complessa figurazione allegorica realizzata nell’inverno 1757-1758 da Jacopo Guarana, uno fra i più prolifici frescanti attivi nei palazzi veneziani, pronto a raccogliere l’eredità di Tiepolo dopo la sua partenza per la Spagna. Nella composizione si riconoscono in basso la Fortezza, con l’elmo e lo scudo, e la Temperanza con le briglie, quindi più in alto la Concordia maritale e il Valore con il leone. Sulla sinistra la Giustizia e la Prudenza; più in alto l’Eternità con il sole e la luna, infine a sinistra l’Abbondanza e la Gloria. Agli angoli sono collocate le Virtù teologali. La ricca cornice decorativa ad affresco che circonda la scena centrale è opera del quadraturista Piero Visconti che collabora con Guarana anche in altre circostanze. Guarana, qui agli esordi della sua carriera, rivela da subito un orientamento stilistico e culturale ben diverso da Tiepolo: egli rinuncia ad audaci scorci prospettici, presentando una composizione distesa su un unico piano visivo con le figure disposte in pose leziose e rilevate con una pennellata diligente e meticolosa. La gamma cromatica è tenue e sfumata, ben diversa da quella squillante del maestro.
La sala prende il nome dai tre arazzi fiamminghi del Cinquecento con scene tratte dalla storia di Salomone e della regina di Saba. Il magnifico mobilio presente nella sala, proviene da palazzo Balbi Valier a Santa Maria Formosa. I tavoli con copertura in marmo verde, le poltrone, il raro divano a tre posti e i due gheridoni (tavolini a tre gambe) presentano una tale raffinatezza nella lavorazione da costituire uno dei più affascinanti complessi d’arredo veneziano di metà Settecento giunto integro fino a noi. L’andamento flessuoso delle gambe dei mobili e la delicata ornamentazione delle superfici, che imita le asimmetrie della spuma marina e delle conchiglie spezzate, sono tipiche del rococò maturo.
In questo ambiente si trova l’unico elemento sopravvissuto dell’arredo originario del palazzo: la porta laccata decorata con motivi orientali, che testimonia la grande passione per la cineseria durante il Settecento. Questo rarissimo esemplare è databile verso il 1760; parte della critica ha avanzato l’ipotesi che il suo disegno sia stato fornito da Giambattista o Giandomenico Tiepolo, impegnati in questo periodo nella lavorazione degli affreschi delle sale del palazzo.
Sulle pareti brevi, sopra i due cassettoni, sono esposte invece due sculture in legno raffiguranti la Maddalena penitente e Marco Aurelio a cavallo, entrambe opera di Andrea Brustolon.