Nelle ricche collezioni del Gabinetto di Disegni e Stampe del Museo Correr una grandissima importanza riveste il nucleo di disegni di Giambattista e Giandomenico Tiepolo.
I fogli dei Tiepolo sono 312, molti dei quali disegnati sul recto e sul verso.
Essi si possono suddividere in due gruppi: uno costituito da 87 grandi fogli di carta grigia di circa 450 X 290 mm. ciascuno; l’altro di 225 fogli di carta azzurra, di formato irregolare e di differenti dimensioni. Su tutti i disegni sono tracciati a gessetto rosso e nero, spesso ravvivati con tocchi di gessetto bianco.
I disegni, pervenuti al Correr in seguito al lascito del pittore triestino Giuseppe Lorenzo Gatteri (1830 – 1884), costituiscono un vastissimo repertorio dell’intensa attività dell’”impresa” famigliare dei Tiepolo, dato che vanno messi in riferimento con opere che scandiscono un ampio arco temporale, tra il 1748 e il 1781.
In occasione del bicentenario della morte di Giandomenico Tiepolo sono stati scelti per la mostra quei fogli che documentano l’attività dell’artista per Venezia fin dalle sue prime opere autonome, eseguite senza la guida paterna, quando, appena ventenne, riceve l’incarico di eseguire le quattordici Stazioni della Via Crucis e altri dipinti di carattere religioso, ora conservati nella chiesa veneziana di San Polo. I disegni preparatori per queste tele, che Giandomenico porterà a termine tra il 1747 e il 1749, documentano il metodo di lavoro in uso nella bottega guidata da Giambattista Tiepolo. I singoli particolari del dipinto sono oggetto di studi, più volte meditati, che interessano parti anatomiche delle figure, con particolare insistenza per quelle che presentano maggiori difficoltà nella trasposizione pittorica, quali le mani, i piedi, i panneggi. Significativi, in tal senso, appaiono i disegni, qui esposti, da riferire al dipinto I Santi Elena e Macario ritrovano la Vera Croce, che, ricomposti come in un puzzle, restituiscono l’immagine pressoché integrale della tela.
La simbiosi con la quale si operava tra padre, figlio e bottega non permette sempre, in assenza di riferimenti specifici a opere di sicura attribuzione, una distinzione precisa nella paternità dei fogli, tanto più che non è raro il caso in cui Giandomenico ricorra a invenzioni del padre, inserendole nelle sue composizioni.
Benché dal punto di vista grafico la distinzione tra padre e figlio presenti molte difficoltà, la caratteristica di Giandomenico può essere individuata in un segno meno netto e preciso, che denuncia talora delle incertezze e dei ripensamenti e che difficilmente riesce a raggiungere gli effetti del modellato plastico ottenuto da Giambattista con un tratto sicuro, pulito e incisivo.
Nel tentativo di evidenziare la differenza di grafia tra padre e figlio sono stati esposti anche alcuni fogli di Giambattista riferibili a una delle sue grandi imprese eseguita, con l’aiuto del figlio, tra il 1750 e il 1753: l’affresco del soffitto dello scalone della Residenza di Würzburg commissionatogli dal principe vescovo Karl Philipp von Greiffenklau
Sempre al secondo piano del Museo è inoltre possibile ammirare gli straordinari affreschi della villa di Zianigo, recuperati all’inizio del Novecento dopo esser stati strappati dalla sede originaria.
Questi affreschi possiedono almeno due elementi di eccezionalità: innanzitutto hanno la rarissima caratteristica di non essere stati realizzati dal pittore per un committente, ma per se stesso, in assoluta libertà d’ispirazione; poi di essere stati prodotti nell’arco di un quarantennio, dal 1759 fino al 1797 almeno.
Costituiscono perciò un’irripetibile occasione per cogliere lo sviluppo della sua arte, dalle prove ancora giovanili, legate all’insegnamento paterno, fino alle espressioni più intense e personali della maturità.