Ca' Rezzonico

Ca' Rezzonico

Primo piano

Sala del Lazzarini

In questa sala sono presenti tre dipinti barocchi dalle dimensioni imponenti.
Antonio Molinari è l’autore, dell’opera raffigurante la Battaglia fra Centauri e Lapiti; ad Antonio Bellucci spetta l’esecuzione dell’Ercole e Onfale, mentre a Gregorio Lazzarini è assegnato l’Orfeo dilaniato dalle Baccanti. Si tratta di tre complesse ed elaborate scene narrative eseguite dai maggiori ‘esperti’ dell’arte veneziana in questo campo, ritenuti già dai contemporanei i più celebri pittori allora attivi a Venezia. Le opere esemplificano quindi al meglio la pittura veneziana di fine Seicento e per quanto i nomi dei loro autori siano ormai familiari solo agli specialisti, all’epoca essi godevano di una fama di livello internazionale. Il committente fu il procuratore Vettore Correr che li aveva destinati al cosiddetto ‘Camaron’ la sala maggiore del suo palazzo. Nel loro insieme i temi esibiscono l’animo dell’uomo sconvolto dalle passioni e dagli eccessi. È possibile che essi fossero un originale, e allo stesso tempo ambiguo, invito alla temperanza per coloro che si trovavano a banchettare in quel luogo dove i personaggi della mitologia mostravano il loro lato meno eroico.

Il soffitto si compone di cinque ovali contenuti entro cornici dorate che si stagliano contro il fondo azzurro. Anche questa serie di tele non faceva parte dell’arredo originario di Ca’ Rezzonico, ma fu trasferita nel Museo nel 1936 da palazzo Nani sul rio di Cannaregio, assieme a quella che attualmente si trova nella sala Brustolon. La tipologia decorativa del soffitto con tele incassate entro esuberanti cornici in legno è tipica del tardo Seicento e precedente la grande fioritura dell’affresco avvenuta nel secolo successivo. Al centro campeggia l’immagine di Prometeo, circondata da scene raffiguranti Dedalo e Icaro, Perseo e Andromeda, Prometeo  liberato da Ercole e Perseo che mostra ad Atlante la testa di Medusa. I cinque ovali sono opera del pittore vicentino Francesco Maffei e costituiscono un ottimo esempio del suo stile estroso e anticonvenzionale ben diverso da quello più composto e formale delle tele poste alle pareti ed eseguite dai suoi più giovani colleghi.

Al centro della sala è esposto uno splendido scrittoio impiallacciato (rivestito) di legni preziosi, con intarsi in avorio inciso, opera del celebre ebanista torinese Pietro Piffetti, firmato e datato 1741 sul retro.